Sono state annullate le maxi sanzioni per complessivi 228 milioni di euro inflitte nel gennaio 2020 dall’Antitrust a Fastweb, Tim, Vodafone e WindTre per un’intesa anti concorrenziale relativa al repricing effettuato nel ritorno alla fatturazione mensile. Lo ha deciso il Tar del Lazio con quattro sentenze con le quali ha accolto i ricorsi proposti dalle compagnie telefoniche per contestare il provvedimento con il quale l’11 aprile 2018 l’Autorità confermò le misure cautelari provvisorie adottate il mese prima, fino ad arrivare al provvedimento del 28 gennaio 2020 con il quale fu accertata l’intesa restrittiva e inflitte le sanzioni. Complessi i fatti giunti al vaglio dei giudici e ricostruiti nelle sentenze. L’inizio è nel 2015, quando Tim, Vodafone, WindTre e Fastweb modificarono il periodo di rinnovo e di fatturazione delle offerte ricaricabili per la telefonia mobile portandolo da una cadenza mensile a una quadrisettimanale. L’Agcom intervenne stabilendo che l’unità temporale per la cadenza di rinnovo e per la fatturazione dei contratti di rete fissa dovesse essere il mese e che, per la telefonia mobile, non potesse essere inferiore ai 28 giorni. Gli operatori non si adeguarono alle prescrizioni e si rivolsero al Tar. Il mancato adeguamento alla modalità di fatturazione mensile portò però all’avvio di procedimenti sanzionatori, e successivamente l’Autorità avviò un procedimento istruttorio per accertare la sussistenza di un’intesa restrittiva della concorrenza. Fu adottato un provvedimento cautelare per intimare a Tim, Vodafone, WindTre e Fastweb di sospendere, nelle more del procedimento, l’attuazione dell’intesa; e la conferma della misura cautelare provvisoria fu seguita dal provvedimento sanzionatorio (14.756.250 euro a Fastweb; 114.398.325 euro a Telecom; 59.970.351 euro a Vodafone e 38.973.750 euro a Wind) contestato davanti al Tar. “La delibera impugnata – si legge in una delle sentenze – presenta un primo profilo di illogicità e di evidente difetto di istruttoria laddove desume e valorizza la asserita segretezza dall’intesa esclusivamente sulla base di un documento” che è “del tutto inutilizzabile, essendo esterno al perimetro temporale di svolgimento della presunta pratica concordata, così come definito dalla stessa Autorità: di talché la segretezza dell’intesa risulta del tutto indimostrata”. A parere del Tar, le considerazioni raccolte “al più, deporrebbero per l’individuazione di una pratica scorretta ai sensi del Codice del Consumo, i cui effetti lesivi si manifestano a danno dei consumatori ma che non sono idonee a sostenere l’esistenza di una pratica concordata fra gli operatori per mantenere fermo l’aumento al preciso scopo di evitare la fuoriuscita di clienti verso la concorrenza”. In sostanza, “mancano nel Provvedimento elementi indiziari, gravi precisi e concordanti, tali da delineare un quadro sufficientemente chiaro”; mentre al contrato è stata fornita “una spiegazione plausibile dei ricostruiti incontri e scambi di informazioni, alternativa a quella ricostruita dall’Agcm”. La ricostruzione dell’Autorità, poi, “non fornisce evidenze istruttorie adeguate a contrastare la tesi delle Parti”, la cui spiegazione “in assenza di altri elementi esogeni più diretti e specifici, appare plausibile e, quindi, alternativa a quella, seguita dall’AGCM, volta alla ricognizione di un’intesa anticoncorrenziale”.
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Servizi a pagamento per cellulari, perquisita la sede di Wind-Tre. 11 indagati
Migliaia di utenti delle compagnie telefoniche hanno ricevuto addebiti per app e giochi mai autorizzati. Le fiamme gialle hanno inviato una lettera all’Autorità garante per le comunicazioni in relazione alla posizione di Vodafone, Tim e un’altra società. Il procuratore Greco: “Anche io vittima. Consumatori oggetto delle peggiori scorrerie” .
Bastava visitare una pagina web, magari cliccando su un banner pubblicitario, per abbonarsi per sbaglio a un servizio a pagamento come l’oroscopo, il meteo o il gossip. Così il credito di migliaia di utenti delle principali compagnie telefoniche veniva lentamente svuotato. Pure durante l’emergenza coronavirus. A svelare la truffa milionaria è la procura di Milano che ha messo sotto indagine 11 persone, accusate a vario titolo di frode informatica ai danni dei consumatori, intrusione abusiva a sistema telematico e tentata estorsione contrattuale. Perquisizioni e sequestri sono stati effettuati nella sede legale di Wind-Tre dal Nucleo speciale tutela privacy e frodi tecnologiche della Guardia di finanza, ma sarebbero coinvolti anche altri operatori. I magistrati hanno inviato una lettera all’Agcom, l’Autorità garante per le comunicazioni, in relazione alla posizione di Vodafone, Tim e un’altra società.
Fra le vittime della truffa c’è anche il procuratore di Milano Francesco Greco, che tempo fa si è accorto di pagare “20 euro al bimestre per l’acquisto di giochi con addebito a società off shore” senza averne mai dato il consenso. Lo ha raccontato lui stesso nel corso della conferenza stampa di presentazione dell’inchiesta, in cui ha spiegato che “serve una responsabilizzazione delle piattaforme digitali usate dalle società multiutility che permette a queste situazioni di proliferare, altrimenti si crea una asimmetria di potere tra gli enormi agglomerati economico finanziari e i cittadini che diventano in questo modo oggetto delle peggiori scorrerie“. A suo parere il cybercrime e la frode sono “il terzo problema del mondo” dopo i disastri ambientali e quelli climatici, ma “non è percepito come tale né nella cultura generale né nelle forze dell’ordine”.
La procura lombarda aveva già sequestrato 12 milioni di euro a una società con sede a Roma, la Pure Bros Mobile spa, indagando Angelo Salvetti e Fabio Cresti, e di conseguenza la stessa azienda per “accesso abusivo a sistema informatico”. L’ipotesi è che quei soldi siano frutto proprio dei servizi erogati senza autorizzazione ai clienti “degli operatori di telefonia mobile Wind, Tim e Vodafone” almeno fino al 30 ottobre 2019…
fonte:
«Beni accumulati illecitamente», sequestro da 41 milioni a imprenditore Piccirillo.
Nel suo patrimonio anche l’emittente regionale Tv Luna e una scuderia di cavalli
La Guardia di Finanza di Caserta ha sequestrato beni per 41 milioni di euro all’imprenditore Pasquale Piccirillo, 54 anni, titolare di imprese operanti nei settori sanitario, editoriale, delle telecomunicazioni e immobiliare. I sigilli riguardano quote societarie e complessi aziendali, e altri beni, in Lombardia, Lazio, Campania e anche in Svizzera. Sequestrate 16 vetture; una moto; 128 immobili nel Casertano; 19 nel Napoletano; 2 nel Frusinate; 6 a Gaeta (Latina); 1 nell’Avellinese; 8 tra Roccaraso e Pescocostanzo (L’Aquila) e uno in Svizzera. Il provvedimento di sequestro è stato emesso dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere: l’imprenditore – accusato di avere illecitamente accumulato patrimoni attraverso reati economico-finanziari – risulta coinvolto, tra il 2005 e il 2017, in procedimenti penali anche per l’accusa di truffa aggravata con l’acquisizione di fondi pubblici, appropriazione indebita e delitti tributari per evasione fiscale e per uso di fatture per operazioni inesistenti Pasquale Piccirillo – l’imprenditore a cui oggi sono stati sequestrati beni mobili e immobili per 41 milioni di euro – è, tra l’altro, editore dell’emittente regionale Tv Luna e dentista titolare di un importante studio odontoiatrico. I sigilli della Guardia di Finanza hanno riguardato, tra gli altri beni, anche una scuderia di cavalli da corsa.
Le proprietà
Al fine di scoprire l’origine del patrimonio la Procura e la Guardia di Finanza hanno passato al setaccio tutte le proprietà a lui riconducibili: è così emersa una discordanza rilevante tra il suo reddito dichiarato e quello dei suoi familiari e i beni posseduti; tra l’altro, avrebbe, secondo gli inquirenti, adoperato alcune società per mascherare l’ingente disponibilità di immobili e per drenare liquidità mediante false operazioni di «restituzione finanziamenti». Cassaforte del patrimonio, è emerso, sarebbe la società Immobilnet, esercente l’attività di «trasmissioni radiofoniche», che ha nel proprio portafoglio 150 immobili. Per ben due volte, nel 2016, l’editore di Tv Luna ha subito sequestri milionari da parte del Gip del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere.
Allarme call center dai sindacati: “A rischio 80mila lavoratori”
La crisi Almaviva, che ha annunciato oltre 2.500 taglia, alza il livello di guardia sul settore. I rappresentanti dei lavoratori chiedono alla commissione Lavoro del Senato di “intervenire con norme che siano di contrasto alle delocalizzazioni e applicando le sanzioni che sono già previste”
Ieri, intanto, la vertenza di Almaviva è tornata al ministero dello Sviluppo economico. Sul tavolo ci sono ancora i trasferimenti di 135 lavoratori da Palermo a Rende. La vicenza è iniziata con la perdita della commessa Enel che a dicembre non rinnoverà il contratto. E dei 300 lavoratori che rispondono ai telefoni della società elettrica, i primi 135 dovrebbero fare le valigie già dal 24 ottobre.
Il nodo dei traferimenti è solo uno dei problemi che assilla i lavoratori di Almaviva, che pochi giorni fa ha annunciato oltre 2.500 licenziamenti tra Roma e Napoli. Un’ipotesi irricevibile p
er i sindacati. “Basterebbe – ha spiegato Susanna Camusso, segretario generale Cgil – che le grandi aziende pubbliche non facessero le gare al massimo ribasso, ma pagassero, secondo norme e contratti, i lavoratori e anche gli appalti. Un settore come quello dei call center non può essere privo di ammortizzatori sociali e di risposte. Bisogna dare attuazione a quelle norme che sono state fatte e poi non
sono state
applicate, come quelle che impediscono la delocalizzazione e il fatto che dati sensibili, come quelli che passano attraverso i call center, possano andare in altri Paesi”. Solo nella Capitale sono a rischio sono 1.666 operatori, la parte restante nella città partenopea (845).
Truffa telefonia fissa: ecco come avviene e i consigli della Federconsumatori
Ecco le ultime info fornite
dalla Federconsumatori su come avviene la truffa di telefonia fissa e i consigli della Federconsumatori.
La Federconsumatori, in un comunicato stampa del 22 settembre 2016, ha posto l’attenzione su alcune denunce giunte circa la telefonia fissa. Il raggiro, comunica l’associazione dei consumatori, avviene nella seguente modalità: l’utente viene contattato da presunti operatori della sua compagnia telefonica che gli comunicano che, a partire dal mese successivo, il suo abbonamento subirà un grande rincaro. L’utente, quindi, deve decidere se continuare a rimanere con il proprio operatore telefonico pagando un cifra di abbonamento superiore o se passare ad un altro operatore. La telefonata, poi, termina.
Dopo qualche ora l’utente, oramai impensierito, riceve una nuova chiamata ma non dalle medesime persone bensì da un nuovo operatore che gli consiglia una buona promozione da attivare pensata proprio per lui.
Truffa telefonia fissa: la Federconsumatori consiglia
In merito a tale segnalazione, la Federconsumatori comunica gli utenti che potrebbetrattarsi di una truffa in quanto nessuno degli operatori telefonici ha raddoppiato le proprie offerte. L’Associazione dei Consumatori, quindi, invita i cittadini a diffidare immediatamente di tali chiamate e verificare il costo del proprio abbonamento telefonico chiamando la propria compagnia.
La Federconsumatori, infine, prega la sua utenza di continuare a fare segnalazioni magari fornendo anche il numero di telefono del chiamante in modo tale da poter fare una segnalazione ricca di particolari all’AGCOM che è l’Autorità per le garanzie sulle comunicazioni. Per altre truffe o raggiri, leggi anche: truffa paypal, come ottenere il rimborso.
Telefonia, da giugno del 2017 abolito il roaming per i viaggiatori
La data da memorizzare per chi viaggia in Unione Europea è quella del 15 giugno del 2017. Da quel giorno, saranno abolite le tariffe roaming per la telefonia mobile. Lo ha indicato il commissario all’agenda digitale, Guenther Oettinger, che ha anche aggiunto che gli operatori saranno dotati degli “strumenti per poter contrastare gli abusi”.
Proprio oggi la Commissione Europea ha discusso il nuovo approccio per evitare irregolarità. L’accordo di massima è che non dovrebbero esserci limiti in termini di tempo e di volume imposti ai consumatori quando usano i telefoni mobili all’estero all’interno dell’Unione Europea. Il nuovo meccanismo di salvaguardia per gli operatori rispetto a potenziali abusi si fonderà sul principio di residenza o di collegamento stabile dei consumatori europei in altri Stati membri. Le regole discusse riguardano la possibilità per chi viaggia e usa una carta “Sim” di uno Stato membro in cui risiede o con il quale ha legami stabili di usare il cellulare in un altro Stato alle stesse condizioni del paese di residenza. Un esempio chiaro di “legame stabile” è quello dei “pendolari”, espatriati che sono frequentemente presenti nel loro paese di residenza o studenti dell’Erasmus. Gli europei pagheranno prezzi nazionali quando chiamano, trasmettono o scaricano testi o utilizzano internet e avranno pieno accesso ad altre parti del servizio sottoscritto (per esempio i pacchetti mensili per i dati).
Per la salvaguardia degli operatori telefonici contro gli abusi viene precisato che il roaming “è per i viaggiatori”: la nuova proposta comunitaria permette agli operatori di controllare le condizioni di uso per evitare abusi. La lista dei criteri da seguire per riscontrare gli abusi comprende un traffico nazionale insignificante rispetto al traffico roaming, una lunga inattività di una carta sim con uso prevalente in roaming, la sottoscrizione di varie carte sim mentre si usa il roaming. In tali casi, ha spiegato la Commissione europea, gli operatori dovranno avvertire i clienti e solo se tali condizioni si verificheranno potranno applicare “piccoli ricarichi”.
Il telefono fisso corre verso l’estinzione
MILANO – Rete fissa in caduta libera. Negli ultimi quattro anni, due milioni di italiani ha staccato la loro linea telefonica rimanendo connessi al mondo solo con i loro telefoni cellulari: d’altra parte l’evoluzione è piuttosto prevedibile considerando che in Italia ci sono più sim che abitandi. E così l’Osservatorio trimestrale dell’Agcom ha registratro negli ultimi dodici mesi una riduzione di 510mila linee: Telecom Italia ne ha perse 750mila mentre gli altri operatori ne hanno guadagnati 240mila. Insomma a pagare più di ogni altro è proprio l’ex monopolista che ha perso 2,9 milioni di accessi in quattro anni, mentre 950mila abbonati sono migrati verso altri operatori. In totale la quota di Telecom Italia nel mercato dell’accesso scende al 59,3%, Fastweb raggiunge il 10,8% con una crescita pari a +0,9 punti percentuali, Vodafone sale di 0,7 punti percentuali al 10,2%, mentre Wind mostra un lieve calo al 13,3 per cento.
In controtendenza, invece, le linee della rete telefonica fissa a banda larga: a fine giugno gli accessi broadband hanno superato i 14,6 milioni, aumentando di 440mila unità rispetto allo stesso periodo del 2014 (+270mila da inizio anno). Le linee dsl sono diminuite di 210mila, per un totale di poco inferiore ai 13 milioni. Gli accessi broadband che utilizzano altre tecnologie sono aumentati di 660mila unità su base annua e di oltre 1,3 milioni sull’intero periodo considerato. Anche in questo mercato, la quota di Telecom Italia si è ridotta di 1,3 punti percentuali su base annua. Crescono, invece, le quote di Fastweb e di Vodafone (per complessivi +1,2 punti percentuali)
I rimedi all’assalto dei call center.
Finire negli elenchi di chi fa le promozioni è diventato troppo facile. Ora interviene il Garante della Privacy. Con un manuale di autodifesa.
Chiamano tutti, società telefoniche ed elettriche, pay tv e carte di credito, finanziarie, assicurazioni, produttori di cosmetici. Tutti i giorni, a tutte le ore. Quante chiamate arrivano ogni giorno dai call center? Tante, troppe. Tutte regolari? Secondo il Garante della privacy il rischio è quello di un Far West dello spam. Di qui l’idea di mettere a punto un vademecum («Viva i consigli, abbasso lo spam. Dal telefono al supermercato: il markenting a prova di privacy») che per i cittadini rappresenta un vero e proprio manuale di autodifesa. Pubblichiamo alcune «pilolle».
Come ci si può difendere da chiamate promozionali indesiderate?
Se l’utenza è pubblicata negli elenchi telefonici, l’intestatario può chiedere al suo gestore telefonico che essa venga rimossa dagli elenchi, così da renderla «riservata» e dunque non più visibile. In alternativa, può iscriversi al Registro Pubblico delle Opposizioni (www.registrodelleopposizioni.it / numero verde: 800.265.265) lasciando così la sua utenza presente negli elenchi telefonici, ma non più utilizzabile per fini promozionali.
Cos’è il Registro pubblico delle opposizioni?
È un registro istituito a tutela degli abbonati telefonici che non vogliono ricevere chiamate pubblicitarie, ma che al tempo stesso desiderano rimanere sugli elenchi telefonici ed essere reperibili per le comunicazioni interpersonali. Iscrivendosi al Registro un abbonato esercita il diritto «ad opporsi al trattamento» dei suoi dati personali a fini promozionali previsto dal Codice della privacy.
Cosa può fare un utente che viene contattato anche se i suoi dati non sono sull’elenco telefonico?
Se l’utenza non compare negli elenchi ed è quindi «riservata» (come accade per la maggior parte delle utenze di telefonia mobile), l’intestatario non può iscriverla al Registro. Per interrompere ulteriori telefonate, l’utente dovrà quindi esercitare i normali diritti previsti dal Codice della privacy, chiedendo direttamente al promotore che lo ha contattato chi è il titolare del trattamento, come ha avuto i suoi riferimenti eventualmente chiederne la cancellazione.
È possibile cercare nuovi clienti utilizzando gli elenchi telefonici?
È possibile contattare mediante operatore i numeri presenti in elenchi telefonici e non iscritti nel Registro delle opposizioni per chiedere a chi ha sottoscritto il contratto telefonico il consenso a ricevere comunicazioni promozionali anche via e-mail o con altri mezzi automatizzati.
Una volta prestato il consenso al trattamento dati per una certa finalità, si può cambiare idea?
Sì, l’interessato può opporsi in qualunque momento all’ulteriore utilizzo dei suoi dati anche per una sola finalità (dal marketing alla profilazione) o per una specifica modalità di trattamento (ad esempio l’invio di offerte commerciali tramite posta cartacea o con modalità automatizzate come l’e-mail e il fax).
Se una società ha ottenuto il consenso al trattamento dei dati per scopo di marketing, può rivendere queste informazioni ad altri soggetti?
Non si possono «mescolare le carte in tavola». Se si è chiesto a una persona il consenso per il trattamento dei suoi dati per attività di marketing, non si può far finta che questo consenso valga anche per scopi differenti come la profilazione o la comunicazione dei dati a terzi. È quindi necessario acquisire un autonomo consenso per ogni finalità.
Si possono utilizzare recapiti telefonici contenuti nell’albo degli avvocati o di altri professionisti per proporre offerte commerciali ai suoi iscritti?
I dati personali di un professionista – anche quando sono estratti da un registro, elenco o albo consultabile da chiunque – possono essere utilizzati dal promotore solo se ha già acquisito lo specifico consenso dell’interessato iscritto all’albo o se presenta offerte strettamente attinenti all’attività svolta dal professionista contattato.
È lecito consegnare un modulo per l’ordine di un prodotto con la casella per il consenso al trattamento dei dati già contrassegnata?
No, il consenso al trattamento dei dati deve essere sempre libero.
Il sito web che non consente di utilizzare un servizio se non si rilascia il consenso al trattamento dati per finalità promozionali si comporta correttamente?
No, la fornitura di un prodotto o di un servizio non può essere vincolata al consenso per l’invio di pubblicità.
Il supermercato può rifiutarsi di concedere la tessera fedeltà se non si rilascia il consenso al trattamento dati per scopi di marketing?
No, la tessera fedeltà è un’opportunità per l’azienda di fidelizzazione del cliente, ma non può trasformarsi in una forma occulta di raccolta dati per il marketing e profilazione. Il consenso per tali attività non può essere imposto, ma va raccolto in modo specifico.
(Tratto da LaStampa del 21 aprile 2015) PAOLO BARONI
http://www.lastampa.it/2015/04/21/italia/i-tuoi-diritti/consumatore/i-rimedi-allassalto-dei-call-center-OCCMFa4WFfLGYfBbpBRI6J/pagina.html
Jobs act, il call center licenzia 186 persone a Milano e assume al Sud con le nuove agevolazioni
La storia arriva da Cinisello Balsamo e l’azienda è la Call&Call Milano srl, un call center che si occupa dei servizi di customer care per tre importanti società finanziarie e bancarie italiane.
Chiudere lo stabilimento alle porte di Milano, mandare a casa 186 persone e nel frattempo assumerne altre fra Roma e la Calabria approfittando delle agevolazioni previste dalle nuove norme inserite nel Jobs act. Ottenendo così un doppio risultato: prendere giovani con contratti meno costosi e più flessibili e ottenere gli sgravi fiscali del governo. La denuncia arriva dalle categorie del settore comunicazione di Cgil, Cisl e Uil.
La storia arriva da Cinisello Balsamo e l’azienda è la Call&Call Milano srl, un call center che si occupa dei servizi di customer care per tre importanti società finanziarie e bancarie italiane: Ing Direct, Agos Ducato e Fiditalia. Il gruppo Call&Call nasce nel 2002 proprio a Cinisello (dove tuttora risiede la holding): da qui la società si espande su tutto il territorio nazionale e oggi ha in tutto 2.500 dipendenti e fattura 57 milioni all’anno, come si legge sul sito della stessa società. Solo che il 10 aprile scorso il consiglio di amministrazione dell’azienda ha aperto la procedura di licenziamento collettivo per la chiusura del sito.
Già da luglio il personale di Cinisello era in contratto di solidarietà di tipo difensivo, riuscendo così a evitare il licenziamento di 41 persone. «Ma con una mossa spregiudicata — dice Sara Rubino (Slc Cgil) — la proprietà, senza aver mai comunicato le difficoltà legate alla gestione del contratto di solidarietà, ha dirottato parte del flusso di lavoro su altre sedi del gruppo, anche assumendo nuovo personale con il contratto a tutele crescenti e senza averci dato risposte rispetto a ciò che già vedevamo e di cui chiedevamo informazioni».
Ma come fa un’impresa che attiva la legge 223, cioè la procedura per i licenziamenti collettivi, ad assumere contemporaneamente nuovi lavoratori in altre zone d’Italia? «Il sistema sta in piedi perché Call&Call ha costituito più società, come in un gioco di scatole cinesi: c’è Call&Call Milano srl, Call&Call La Spezia srl, Call&Call Lokroi srl», spiega Adriano Gnani (Uilcom Uil). Quindi quella milanese può risultare effettivamente in crisi, a differenza di quella di Roma, o di Locri, o della Spezia. La perdita annuale su Cinisello sarebbe di 500mila euro: «Colpa dei costi eccessivi del lavoro, secondo l’azienda. Questo nonostante lo stipendio medio degli operatori sia sui 1.200 euro mensili, che però con i nuovi assunti possono scendere a 1.000».
La versione della holding è che «negli ultimi anni ci sono state perdite di esercizio significative non più sostenibili a seguito di un calo delle commesse e in presenza di costi generali incompatibili con il nuovo contesto di mercato, soprattutto per una fra le pochissime imprese del settore che ha scelto di non spostare lavoro italiano in offshoring e,
dunque, non ha potuto mediare l’incidenza del costo del lavoro ricorrendo alla delocalizzazione. Da qui la necessità non più rinviabile di attivare la procedura di mobilità, trattandosi di una situazione strutturale e non congiunturale». Già lo scorso 10 aprile i lavoratori avevano reagito alla comunicazione con uno sciopero: adesso l’intenzione è trasformare una vertenza locale in una questione che riguardi nel complesso la società
Aste frequenze tv – La REA – Radiotelevisioni Europeee organizza una manifestazione a Roma.
Questo è il testo diffuso dalla Rea (associazione di radio e televisioni Italiane).
la sopravvivenza delle radio e tv locali diventa sempre più difficile. Il Ministero e l’AGCOM continuano a commettere gravissime infrazioni comunitarie e costituzionali. Siamo arrivati alla frutta. Il Piano di assegnazione delle frequenze digitali delle radio e tv locali è stato approvato dall’AGCOM e dal MISE in piena violazione delle norme comunitarie e costituzionali. Le radio di partito continuano a beneficiare di fondi statali mentre alle radio e tv locali sono stati tagliati sia i fondi riservati all’editoria sia i fondi della 448/01. A giorni dovrebbe essere pubblicato il bando di gara per le frequenze televisive residue ma già sappiamo che è un IMBROGLIO che si aggiunge al colossale IMBROGLIO dello switc off del 2010. La Procura di Roma a aperto un fascicolo sul tema ma temiamo che alla fine, come tutte le cause italiane, potrà finire in una bolla di sapone: TUTTI ASSOLTI senza nessun responsabile dei gravi danni inflitti alle emittenti. La Radio digitale è ferma al palo, mentre la tv sta morendo. Sono 350 le aziende in stato prefallimentare; 2800 tra cassaintegrati, precari e disoccupati. E’ una tragedia più grande dell’IVA e di Elettrolux ma nessuno ne parla e gli stessi editori non riescono a reagire per farsi sentire. Abbiamo più chiesto al MISE di convocare un Tavolo di lavoro per affrontare e risolvere i seguenti problemi:
- 1. Abrogazione della legge 448 per agganciare i contributi al canone tv nella misura ddel 10% in modo da non dover più elemosinare il sostegno nelle varie finanziarie così come già prevede la legge 422/93;
- 2. Risarcimento dei danni subiti dalle emittenti televisive locali a seguito di assegnazione di frequenze non riconosciute dalla UE;
- 3. Misure di sostegno per l’avviamento della Radio digitale;
- 4. Ripristino del sostegno all’editoria radiotelevisiva locale;
- 5. Revisione dei Regolamenti radio e tv per l’assegnazione e formazione delle gratuatorie previste dalla 448
Giovedì 13 febbraio 2014, alle ore 10.00 precise, tutti gli editori radiofonici e televisivi locali, senza distinzioni di appartenenza a questa o quell’altra associazione, sono invitati a DECIDERE sulla necessità di intraprendere una concreta azione di proposta giudiziaria e/o legislativa da far sottoscrivere a tutte le forze politche per portare all’attenzione del Presidente della Repubblica e del Parlamento la stato COMATOSO del settore in modo da far approvare, da una parte, una legge di nuovo assetto radiotelevisivo e dall’altra immediate misure per il ripristino del sostegno all’emittenza locale quale unica garanzia del pluralismo radiotelevisivo italiano.
L’APPUNTAMENTO E’ IL 13 FEBBRAIO 2014 IN VIA LUCREZIA ROMANA 13 – ROMA CINECITTA’ TRE
IN UN MOMENTO COSI’ TRAGICO PER IL SETTORE VI E’ BISOGNO DELLA MASSIMA PARTECIPAZIONE.
ALLA MANIFESTAZIONE
SONO STATE INVITATE TUTTE LE ASSOCIAZIONI
LA MANIFESTAZIONE SARA’ TRASMESSA IN STREAMING RADIOFONICA DA www.reasat.it
San Cesareo, 08 febbraio 2014 REA – Radiotelevisioni Europeee Associate